
Storia di un fantasma
“Storia di un fantasma” (“A ghost story”) è un film del 2017 diretto dal regista David Lowery che mi ha davvero colpita. Non mi aspettavo che finalmente qualcuno si prendesse la briga di rappresentare la morte di una persona in modo così toccante.
Osserviamo tutto dal punto di vista di una persona appena morta.
Di film dell’ orrore ne ho visti molti. E in quei film siamo abituati ad adottare il punto di vista dei sopravvissuti che scappano dai fantasmi.
In questo film accade esattamente il contrario.
Devo ammetterlo, il tema della morte mi ha sempre affascinata. Non fraintendetemi: non sono un’ amante dell’ umorismo nero e non mi metto in contatto con i medium. Semplicemente, ho sempre avvertito la fugacità della vita e, sebbene non ci pensi continuamente (per fortuna!), quando mi capita di rifletterci non posso fare a meno di chiedermi cosa ne sarà di noi, se esisterà qualcosa dopo la morte e in che modo avverrà il passaggio da una dimensione all’altra.
Forse, chissà, non esiste assolutamente niente dopo la morte, come è convinto qualcuno. Eppure io credo fortemente che ci sia un collegamento, che anzi la vita sia anche una serie di collegamenti tra una dimensione e l’altra.
Di questo film mi è piaciuto, oltre alla tematica, la lentezza con cui il tempo scorre tra una scena e l’altra. Il fulcro risiede nell’ esperienza del protagonista, inserito (o piuttosto incastrato) in una dimensione temporale sospesa tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Non può comunicare con nessuno, può solo assistere passivamente alle vicissitudini dei suoi cari, che sono costretti ad andare avanti senza di lui.
Nessuno è indispensabile, ma ognuno di noi è unico…
Imparare a vivere senza una persona cara è un trauma, una rottura di un equilibrio. In questo caso rimane qualcosa di irrisolto, sospeso. Il protagonista vaga e osserva.
Ritmi lenti, dialoghi asciutti. Trapela fin da subito la sofferenza, l’impossibilità di interagire con chi fino a poco tempo prima aveva riempito l’ esistenza del protagonista.
Nostalgia, tristezza, empatia…
Di fronte a questa angosciante visione, non possiamo che provare empatia per il fantasma, rappresentato dal classico lenzuolo bianco sotto al quale si nasconte il defunto, come ci raccontavano da bambini quando volevano spaventarci. Forse anche questa scelta contribuisce a creare in noi la sensazione di nostalgia che prova anche il protagonista.
Perché guardare un film così triste?
Consiglio a tutti la visione di questo film. Anzi, forse non proprio a tutti. Comprendo che, per il tema che tratta, alcuni preferiscano di gran lunga evitare di andarsi a cacciare in un’atmosfera fatta di angoscia e senso di abbandono. Probabilmente questa pellicola piacerà a chi si sente a proprio agio con l’ espressione delle emozioni dolorose e non ha difficoltà ad immergersi nella tristezza.
Una volta una signora mi spiegò che lei evitava accuratamente la visione di film tristi perché le bastavano già tutte le brutte notizie che quotidianamente ascoltava in televisione.
“Perché farsi del male anche con i film, quando già nella realtà ci sono abbastanza motivi per essere tristi?”
Io credo che esista però una differenza tra un film triste ma capace di accendere il nostro animo (non è anche questa l’ arte?), e le crude notizie narrate al telegiornale con la cantilena tipica di chi vuole scandalizzare e spettacolarizzare le tragedie.
Questa è solo la mia opinione e sono aperta al confronto. Scrivetemi nei commenti cosa ne pensate, se avete visto il film o se avete intenzione di guardarlo. Se vi interessa, al momento lo potete trovare anche su Netflix.