Senso di colpa ed esaurimento al lavoro

Senso di colpa ed esaurimento al lavoro

Quella che state per leggere è una mia esperienza legata all’esaurimento sul posto di lavoro.

Quanti di voi hanno preferito a volte recarsi al lavoro pur non sentendosi bene? Quanti sono rimasti nello stesso posto senza avere il coraggio di cambiare, anche a causa del senso di colpa?

La mia esperienza con il senso di colpa al lavoro

Personalmente mi sentivo come se avessi costruito una gabbia e mi ci fossi infilata dentro chiudendo la porta e dimenticandomi di averne le chiavi.

Lavoravo fino allo sfinimento. Più lavoravo con fretta e tensione, più mi sentivo esausta e sentivo di non fare abbastanza; i colleghi lamentavano la mia sbadataggine e le mie dimenticanze, io mi sentivo persa nella confusione delle mille scartoffie.

Ero sull’orlo della crisi. La sera prendevo di corsa il treno e dopo cena mi buttavo nel letto senza forze. La mattina mi alzavo già preoccupata per la giornata che avrei dovuto passare, tra colleghi indifferenti e un capo autoritario. Andare avanti in quel modo stava diventando un incubo.

Il mio corpo ad un certo punto disse basta, si ammalò. Cominciai a soffrire di una forma di gastrite nervosa che mi faceva provare delle fitte brucianti allo stomaco, oltre alla nausea.

Ma forse non stavo poi così male, così l’indomani mi recai al lavoro, un po’ sofferente. Del resto, mi ero purtroppo abituata a non sentirmi in forma, perciò qualche dolorino in più non mi spaventava più di tanto. Solo che, grazie anche all’accumulo di nervosismo, le fitte ogni tanto aumentavano di intensità.

“Beh, aumentano di intensità solo a volte, perciò non dovrei preoccuparmi”, pensavo.
Ma forse avrei dovuto.

Le persone intorno a me mi ammonivano dicendomi di ascoltare i campanelli di allarme del mio corpo, di fermarmi e riflettere se fosse il caso di mettermi in malattia.

“In malattia? No…penseranno che sono una lavativa…Non sto poi così male. Poi al mio ritorno dovrò affrontare il lavoro arretrato, e sono già in difficoltà con il lavoro normale.”

Mi angustiavo, rimuginando su ciò che gli altri avrebbero pensato e detto di me in mia assenza. Si sarebbero lamentati sicuramente di tutti i miei sbagli e dei miei atteggiamenti, così come facevano in assenza di altri colleghi.

Il mostro del senso di colpa si ingigantiva sempre di più ed io non riuscivo a distinguere i miei reali bisogni da quelli degli altri.

Ecco quindi i miei tre consigli per affrontare il senso di colpa al lavoro. Metterli in pratica mi ha aiutata a prendermi il diritto di rimettermi in sesto e di non sentirmi in colpa per questo. Per alcuni è scontato, per altri (me compresa) non lo è affatto.

Mettere nero su bianco i pro e i contro delle scelte che si prospettano davanti.

Il mio problema era che mi focalizzavo solo sui lati negativi di entrambe le scelte, così non riuscivo mai a prendere la decisione per me migliore.

Mettere al centro i propri bisogni.

Non pensare a ciò che diranno gli altri. Agli altri, soprattutto se sono sempre stati ostili, non andrà mai bene niente. Pensa piuttosto a ciò che ti aspetta se non segui te stesso/a: l’inferno.

Uscire il più possibile dalla propria testa.

Cucinare, scrivere, disegnare, giocare, aggiustare oggetti, ballare e tante altre attività hanno il potere di interrompere il circolo vizioso dei pensieri negativi. Bisogna solo fare uno sforzo iniziale per intraprendere quelle azioni che ci faranno sicuramente stare bene.

Lascio qui il link al canale YouTube del Dott. Francesco Catona, uno psicoterapeuta che ci ha purtroppo lasciati troppo presto ma che ha aiutato tante persone.

E voi avete mai indugiato a causa del senso di colpa, arrivando fino all’esaurimento? Raccontatemi la vostra storia!

Chiara

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