
Siddharta di Hermann Hesse
Oggi vorrei proporvi una riflessione su un romanzo del 1922 scritto da Hermann Hesse.
Chi di voi ha mai letto “Siddharta”, ha già capito a quali temi mi riferisco. Personalmente ho trovato questo libro toccante.
Trama
L’autore ci narra la storia di Siddharta, dalla sua giovinezza alla vecchiaia.
Il suo obiettivo è, fin dalla giovane età, quello di trovare l’illuminazione, la pace interiore. Varie sono le tecniche che apprende per uscire dal proprio Io, tra cui la meditazione e il digiuno. Tuttavia, non si sente soddisfatto delle varie dottrine, ritenendo il viaggio verso l’illuminazione una ricerca individuale; la famosa meta, però, sembra sfuggirgli continuamente dalle mani.
Molte saranno le esperienze, di gioia e di sofferenza, che vivrà sulla propria pelle: non solo in compagnia di altri “ricercatori” come lui, ma anche immerso nel mondo dei cosiddetti “uomini -bambini”.
Siddharta e il barcaiolo
Una delle parti del libro che più mi ha colpita è quella dell’incontro con l’umile barcaiolo Vasudeva.
Siddharta: “E ti ringrazio anche d’avermi ascoltato così bene! Sono rari gli uomini che sanno ascoltare.”
Il barcaiolo: “Imparerai anche questo, ma non da me. Ad ascoltare mi ha insegnato il fiume, e anche tu imparerai da lui. Lui sa tutto, il fiume, tutto si può imparare da lui. Vedi, anche questo tu l’hai già imparato dall’acqua, che è bene discendere, tendere verso il basso, cercare il profondo. Il ricco e splendido Siddharta diventa un garzone al remo, il dotto Brahmino Siddharta si fa barcaiolo: anche questo te l’ha detto il fiume. E anche il resto lo imparerai da lui.”
“ Vedi, io non sono un sapiente. […] Non sono che un barcaiolo, e il mio compito è di portare gli uomini al di là di questo fiume. Molti ne ho traghettati, e per tutti costoro il fiume non è stato altro che un ostacolo sul loro cammino…Ma alcuni pochi, quattro o cinque, non più, per i quali il fiume aveva cessato d’essere un ostacolo, ne hanno sentito la voce, l’hanno ascoltato, e il fiume è diventato loro sacro, come per me.”
Innanzitutto, mi sembrano molto interessanti l’umiltà e la chiarezza di questo personaggio, che ha imparato ad “ascoltare”.
Cosa vuol dire ascoltare
Sospendere il flusso mentale dei pensieri e semplicemente abbandonarsi al flusso dell’esistenza. Noi lo possiamo fare quotidianamente:
- in treno, mentre guardiamo il paesaggio illuminato dal sole oppure oscurato dalle nubi grigiastre
- mentre leggiamo
- mentre cuciniamo
- mentre camminiamo
- mentre lavoriamo, prestando attenzione alla postura del corpo, in cui l’energia vitale scorre continuamente
Ciò che ci rende “addormentati” è appunto l’identificazione con la nostra mente e con le sue etichette (o giudizi). La nostra mente ha, ovviamente, tutte le ragioni di esistere. È infatti uno strumento meraviglioso (per chi sa utilizzarlo efficacemente).
Se mi viene il pensiero “sono depressa”, sto portando l’attenzione sull’ identificazione con la depressione. Se invece mi dico “sto attraversando un periodo di depressione, di apatia, di disperazione”, prendo già le distanze. Certamente dentro di me una parte sta soffrendo, ma io non sono quella parte. Io osservo, percepisco, sento quella parte.
Dunque osserviamo, non giudichiamo i nostri pensieri, le nostre paure: sono lì per un motivo e hanno diritto di esistere.
“I no longer wait to be perfect, in order to love me”.
Louise HayTorniamo a fluire come il fiume, che attraversa momenti turbolenti e momenti di calma, e si adatta agli uni e agli altri”.
L’azione che preferisco per rimanere nel flusso?
Passeggiare immersa nel verde.
Qual è l’azione che vi aiuta a vivere nel presente? Scrivetemelo nei commenti.
Chiara