
Brutta. Storia di un corpo come tanti
Un libro di Giulia Blasi che esorta a ribellarsi a un’idea di bellezza artefatta. L’autrice ripercorre la sua storia a cominciare dall’infanzia, spiegando gli avvenimenti che l’hanno portata a sentirsi e ad essere considerata “brutta”.
Habitual body monitoring
Ho trovato molto interessante il fatto che sia stato dato un nome a quell’azione che molti di noi ripetono tutti i giorni, ovvero il controllo quotidiano del proprio aspetto (soprattutto di alcune parti del corpo).
Vogliamo parlare della tanto odiata pancetta? Sembra che avere una pancia sporgente di qualche centimetro sia la prova che non ci impegniamo abbastanza, che siamo pigri, pantofolai.
Oggi vediamo rappresentate anche donne con taglie più grandi e le cosce più tornite ma, chissà come mai, i rotolini di pancia sono sempre assenti dai cartelloni pubblicitari, così come la cellulite.
E gli uomini? É raro vedere modelli che non siano alti e che non abbiano bicipiti e addominali scolpiti. Per molto tempo ho erroneamente pensato che gli standard di bellezza irrealistici gravassero solo sulle donne: non è affatto così.
Sei femminista perché sei cessa
Il mito della donna femminista perché brutta è duro a morire e si basa sulla credenza che l’essere sessualmente desiderabili renda felici, mentre il non esserlo renda le donne rancorose contro i maschi. Come se tutte le esigenze femminili ruotassero attorno alla capacità di piacere agli uomini.
– In effetti penso a molte trasmissioni televisive, alla telecamera che riprende una giornalista dal basso verso l’alto, mentre l’uomo viene solitamente ripreso frontalmente;
– penso alla figura della “donna immagine” che rappresenta un abbellimento, un qualcosa che attira semplicemente l’attenzione;
– penso anche alle scene di sesso, spesso rappresentate da persone ritenute sessualmente attraenti.
Se è vero che negli ultimi anni assistiamo a una sessualizzazione anche del corpo maschile (accade ad esempio nel mondo dello sport), la donna rimane il simbolo per eccellenza dell’attrazione sessuale e fatica a sganciarsi da questo ruolo.
Pezzi di donna girano nelle chat per essere valutati, votati, guardati con desiderio.
Scrive Giulia: “La mucca è un animale finché non diventa un pezzo di carne. La donna è un essere umano finché viva e presente, non quando è a pezzi”.
La bellezza ti cambia la vita?
“Una donna bella, che si vede riconosciuta la sua bellezza come un fatto indiscutibile, fa una vita diversa dalla mia. Il suo corpo può essere offerto, utilizzato, guardato, ammirato […]. Il mio viene sottratto, minimizzato”.
“Quando sei bella, tutti si aspettano sempre che basti molto meno, che tu debba solo stare immobile ed emanare raggi di bellezza”.
Ma siamo sicuri che la bellezza comunemente intesa non possa essere anche uno svantaggio? Se una ragazza è bella, in certi ambienti le si chiede di rimanere almeno umile, di “non tirarsela”. Se sei bella è possibile che tu venga tacciata di essere vuota come una bambola. E anche questa è una forma di discriminazione.
La cultura dello stupro
“Ma com’eri vestita?” (cit.)
Lo stupro viene, ad oggi, considerato ancora troppo spesso come misura della bellezza. Come a dire: “Sei bella, quindi camuffati perché altrimenti ti andrai a cercare brutte situazioni”.
Lo stupro come inevitabilità. Se sei brutta nessuno ti vuole stuprare, perché non ti vuole nessuno.
Forse non è chiaro quale sia il significato più profondo dello stupro: annullare, umiliare, schiacciare la vittima. Che si tratti di donne o uomini, che siano giovani o anziani, attraenti o meno.
La menopausa, questa sconosciuta
L’autrice mette in evidenza come non si parli quasi mai della menopausa, come se fosse qualcosa da nascondere e di cui vergognarsi. Arriva silenziosamente, con i suoi sintomi psicologici e corporei.
“La menopausa arriva a dirti: è fatta sorella, ora sei una vecchia”.
Perché la vecchiaia è così temuta? Essere vecchia significa non essere più l’emblema dell’attrazione sessuale, non essere più la potenziale madre dei figli di qualcuno. Per una donna, purtroppo, viene oggi considerata spesso una condizione di svantaggio, di declino.
Osserviamo la natura: le stagioni si susseguono, tutto cambia. Allora perché noi preferiamo rifiutare il cambiamento e combatterlo? Perché ci terrorizza così tanto invecchiare?
E gli uomini? La sofferenza maschile
Non credo che gli uomini se la passino molto meglio.
Mi viene da pensare al fenomeno degli Incel (“involuntary celibate”).
I social network hanno senz’altro contribuito a cambiare gli equilibri. Per avere centinaia di followers oggi, a una donna mediamente attraente, basta aprire una pagina Instagram e pubblicare fotografie sensuali.
Ho ascoltato ragazze deridere le dimensioni del pene di alcuni ragazzi, oppure deriderli per le loro fattezze, proprio come succede alle ragazze.
In generale, gli uomini maggiormente discriminati per l’ aspetto fisico sono:
uomini in sovrappeso;
uomini più bassi di un certo standard;
uomini senza capelli;
uomini con dimensioni del pene più piccole della media (il cosiddetto “dick shaming“);
uomini che non riescono a farsi crescere la barba;
uomini che in generale non ostentano una mascolinità marcata
Penso che sia arrivato il momento di comprendere che, sì, le donne sono state a lungo castrate, soffocate, sottomesse, ma attualmente sia uomini che donne stanno subendo costanti pressioni psicologiche sul proprio aspetto fisico.
Non sarà forse arrivato il momento di ribellarci tutti insieme?
P.s. Se vi interessano alcuni consigli per liberarvi dall’ossessione sul vostro aspetto, leggete questo articolo: Ossessione per la bellezza: 3 consigli
Se volete leggere il libro di Giulia Blasi, lo trovate qui.
Chiara