
Ansia all’ università: come sono riuscita a finire gli esami
Vorrei qui condividere la mia esperienza all’ Università, soprattutto quando mi sono resa conto che non mi rendeva davvero felice.
Sembra che sia più facile scoprire ciò che non vogliamo fare, piuttosto che capire ciò che desideriamo.
Questo è quello che ho dovuto constatare io stessa, quando mi sono resa conto che l’università che avevo scelto non mi avrebbe portata direttamente al raggiungimento del mio sogno.
Il fatto è che non avevo proprio idea di quale potesse essere il mio sogno.
La differenza tra chi sa ciò che vuole e chi non lo sa
Se qualcuno afferma che il suo sogno è diventare guida turistica, può sentirsi in un certo senso padrone della sua vita. Se indirizza bene la sua energia, potrà rendere la mente come un laser, concentrata sull’obiettivo, senza dispersione di energie in attività e pensieri fuorvianti.
Beh, la mia mente era tutt’altro che un laser! Era paragonabile a una lampadina che irradiava energia dappertutto, senza portare a termine quasi nessuno degli obiettivi.
Dunque, mi ero resa conto di ciò che non volevo fare.
No, non avevo più intenzione di affrontare lezioni interattive di lingua straniera, lo stress degli esami, la paura di non riuscire a prepararmi adeguatamente, il terrore di non laurearmi in tempo, il fatto di avere poco tempo a disposizione per occuparmi delle mie passioni come scrivere e leggere, il dover fare esercizi quasi tutti i giorni, il gonfiore addominale poco prima di parlare davanti a tutti – non lo augurerei neanche al mio peggior nemico.
Se ve lo state chiedendo, lo ammetto: la strada che avevo scelto probabilmente non era quella che volevo. Si è trattato, come in molti casi, di una scelta ragionata, piuttosto che sentita.
“Vado a studiare in questa facoltà perché probabilmente poi troverò lavoro facilmente. E poi non so che direzione prendere, quindi…”
Cit. Me stessa ai tempi dell’università
Come mi sono semplificata la vita e sono riuscita a finire i tre anni dell’ Università
Lo studio può sembrare una faccenda semplice, visto da fuori.
Basta organizzarsi e dare gli esami.
Eppure, ricordo quelle giornate frenetiche.
Essendo pendolare, viaggiavo un’ora e mezzo per arrivare in sede, seguire una lezione dopo l’altra e tornare poi di corsa a casa.
Non ero riuscita a crearmi un gruppo di amici, essendo sempre di fretta.
Non mi sembrava poi così diverso dalla scuola. In un certo senso era anche peggio: doversi organizzare da soli con le lezioni, lo studio individuale e dare esami con professori che tenevano lezioni a centinaia di studenti e che non si ricordavano neanche di me.
La voglia di mollare si faceva sempre più forte, così come l’angoscia per lo studio.
Ricordo che riuscii a dare un esame in ritardo di un anno e in quel periodo avevo incubi, ansia anticipatoria, mal di pancia e sbalzi d’umore.
Leggi anche: Come iniziare a studiare se non ne hai voglia
Rendendomi conto di ciò che mi creava disagio, mi trovai di fronte a un bivio: mollare tutto oppure cercare di portare avanti gli esami.
Voglio precisare che non esiste un’unica scelta corretta.
Le esperienze sono molteplici. Dipende da tanti fattori, come il tipo di facoltà scelta, se si hanno o meno dei compagni con cui farsi forza, se si ricevono pressioni dall’esterno, se si ha fretta di trovare un’indipendenza economica, eccetera.
Nella mia esperienza, arrivata a questo bivio, decisi di indirizzare le mie energie nella semplificazione.
1) Iniziai a seguire il più possibile ciò che mi rendeva felice, limitando quelle situazioni in cui mi sentivo oppressa.
2) Per esempio, smisi di dire sempre di sì quando gli amici mi chiedevano di uscire di sera. In compenso scoprii il piacere di fare passeggiate nel pomeriggio: meno soldi spesi, più vitamina D e più serenità.
3) Smisi anche di frequentare tutte le lezioni dell’ università, non ascoltando tutte le persone intorno a me, che mi avvertivano che sarebbe stato peggio. Risultato? Continuai a seguire solo le lezioni che per me erano interessanti e che non mi creavano ansia. Avevo più tempo per lo studio individuale, che potevo affrontare di mattina. Il resto del tempo lo potevo dedicare a tutt’altro: cucinare, musica, film, libri sulla crescita personale.
4) Creai intorno a me un ambiente che rispecchiasse i miei obiettivi: racchiusi in uno scatolone tutti gli oggetti che prendevano spazio ma che non mi servivano più. Alcuni li regalai.
5) Dedicai energie a migliorare i miei punti fragili, come guidare in macchina. In quel periodo guidare per strade sconosciute mi faceva paura e lo facevo il meno possibile. Così cercai di sfidare me stessa, comprai un navigatore e iniziai a guidare da sola, esercitandomi.
6) Mi disiscrissi dalle newsletters che non mi erano più utili, e decisi di visitare i social networks in modo più consapevole e non per abitudine.
Se vi interessa approfondire le strategie più efficaci per lo studio, in questo articolo di Andrea Giuliodori potete trovarne alcune molto interessanti che ho seguito durante gli anni dell’Università.
Avvicinarsi alla propria natura per stare meglio
Mi è stato detto che sarei dovuta stare con i piedi per terra. Mi è stato detto che avrei dovuto cercarmi un lavoro dipendente, che mi piacesse o no, e portare a casa uno stipendio tutti i mesi.
Mi è stato chiesto innumerevoli volte: “quanti esami ti mancano?”.
Poco importa se alcuni di noi sviluppano stress cronico, insoddisfazione, ansia.
Posso affermare, però, di non aver mai spesso di credere:
– che fosse possibile lavorare senza logorarsi i nervi
– che fosse possibile amare il proprio lavoro
– che fosse possibile seguire la propria vera natura.
Certo, non sono riuscita a cambiare dall’oggi al domani.
Ci sono stati alti e bassi.
Ci sono stati (e ci saranno) periodi in cui ho accettato dei compromessi, in cui non sono riuscita a seguire me stessa e ho sofferto, ad esempio quando ho continuato a lavorare in un’azienda che per me era tossica: ne ho parlato qui.
Eppure c’è sempre una piccola luce che mi guida. Ce l’abbiamo tutti.
Sono curiosa di leggere le vostre esperienze con lo studio. Come lo avete vissuto/lo state vivendo? Avete mollato o avete scelto di continuare?
Chiara